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L’Arsenale ha agli inizi un’importanza modesta, che diviene poi via via sempre maggiore, sino a diventare fondamentale per l’esistenza della repubblica, cuore pulsante dell’attività veneziana, istituzione che per molti aspetti può identificarsi con la storia stessa della Serenissima, ‘prinzipal sostegno delle cose di questo illustrissimo Dominio’ : è infatti così che l’Arsenale viene  indicato in un documento ufficiale del 1568.

      La prima fabbrica dell’Arsenale risale al 1104, sotto il dogado di Ordolafo Falier, anche se da fonti autorevoli tale data è stata successivamente posta in discussione, sempre tuttavia partendo dal presupposto che una data, più o meno approssimativa, sia individuabile; le discussioni al riguardo hanno però costantemente avuto per oggetto quella parte del complesso che viene indicata come Arsenale vecchio o meglio quella zona ove questo sarebbe stato inizialmente costruito.

 

 

Comunque ciò non significa che agli inizi del XII secolo già non si fabbricassero a Venezia navi specialmente in quella zona, prospiciente il bacino di San Marco, ove attualmente si trovano i cosiddetti giardinetti reali .

      Alcuni studiosi ritengono che intorno alla piccola darsena, non più che  uno specchio d’acqua compreso fra terreni chiusi tra mura merlate, scavata fra le due isolette dette le Gemelle e comunicante per mezzo di un canale col bacino di S. Marco, venne successivamente costruita tutta una serie di opere che resero ben presto l’Arsenale di Venezia uno stabilimento occupante, come anche attualmente, ben 32 ettari circa di superficie all’estremità orientale della città .

La zona di Terranuova a San Marco era il settore destinato all’attività costruttiva pubblica vera e propria, non lontano, quindi, dal centro del potere politico e della conseguente sorveglianza da parte di questo; quanto invece esisteva nella zona di Olivolo, cioè di Castello, nel settore nord-orientale, rientrava nell’orbita pubblica, con funzioni altrettanto fondamentali, ma diverse. Era infatti in tale settore che si trovavano i depositi di quanto era necessario per la costruzione dei navigli - legname, canape, prodotti finiti, macchine belliche - ed ivi si svolgevano le attività di riparazione e rimessa in opera delle navi; solo in epoca successiva anche in quella zona, ristrutturata, rinnovata, profondamente mutata - tanto da rendere oggi praticamente impossibile la conoscenza di come fosse - si darà vita ad una stabile attività costruttiva vera e propria.

Questo è quanto si può fondatamente ritenere ricorrendo a fonti che possono essere appropriatamente indicate - per quanto concerneuesto è quanto si può       Q   il periodo anteriore al ‘300 - come fonti descrittive , non documentali .

In altri termini, quello che vi è di certo, di documentato in merito alla storia dell’Arsenale di Venezia si riferisce al cosiddetto Arsenale Nuovo e poi al Nuovissimo e non a quanto ad essi preesisteva nell’area di Castello prima del 1306/7.

      Nel tentare di delineare un quadro di quale fosse la situazione sino agli inizi del secolo XIV si deve giungere alla conclusione che il settore prevalentemente destinato all’attività costruttiva pubblica era dunque - come già accennato - quello ubicato nell’area di Terranova, a san Marco.

 

L’impianto pubblico anteriore al ‘300 includeva da un lato la zona di San Pietro di Castello e dall’altro quella di San Martino. Di queste due zone, la prima finirà per scomparire, venendo assorbita dalla seconda, intorno alla quale verrà successivamente mano a mano costruita tutta quella serie di opere che costituirà l’Arsenale Nuovo e più tardi ancora il Nuovissimo, l’intero complesso insomma nella sua vasta, articolata complessità. Sino a quando questo non avverrà, il collegamento tra le due zone - quella orientale che possiamo convenzionalmente chiamare dell’Arsenale Vecchio e quella occidentale - verrà assicurato da un canale sfociante nel bacino di San Marco.Va  precisato che nella zona dove esistevano gli impianti di cui si è detto c’era lo spazio d’acqua nel quale confluivano le acque dei fiumi Piave e Tagliamento, delle quali ci si serviva per far giungere a destinazione i tronchi di  quegli alberi che provenivano dai boschi alpini e che costituivano il legname destinato alla costruzione delle navi.

      Tra il 1291 ed il 1320 circa prende concretezza la prima costruzione dell’edificio delle corderie, denominato della Tana: ed  è dopo le grandi opere trecentesche che l’Arsenale veneziano è oramai alla ribalta in tutta la sua grandiosità. L’Arsenale entra nel ‘400 e lungo tale secolo domina la scena delle costruzioni navali ed è processo quattrocentesco l’identificazione nell’Arsenale di uno tra i soggetti centrali del mito in formazione della città-repubblica.

 

 

      Chiaramente quindi non si può che giungere alla conclusione che lo Stato è del tutto consapevole di aver posto in essere con l’Arsenale “uno dei nodi fondamentali degli equilibri sociali della città “. Tale convinzione, radicatasi nella seconda metà del XV secolo, non verrà mai meno, neppure quando per Venezia sarà sostanzialmente iniziato il declino, nel XVI secolo; i veneziani - e quelli stessi che reggevano le sorti dello Stato - non si rendevano ancora conto che di lì a qualche decennio il Seicento avrebbe denotato sempre più chiari i sintomi di quella decadenza che sarebbe sì durata a lungo, per quasi due secoli, ma che avrebbe alla fine concluso la vita della Serenissima .

Non si deve peraltro confondere il declino della Repubblica di San Marco di cui si è appena parlato con un declino dell’Arsenale. Quasi contraddittoriamente, mentre da un lato Venezia inizia la sua discesa, l’Arsenale continua ad ammodernarsi, ad ampliarsi, ad essere potenziato. Non per nulla la battaglia di Lepanto, seguita da una purtroppo sterile vittoria, vede nel 1571 le navi veneziane presenti in maggior numero delle altre al combattimento.

      Mano a mano che il tempo passa, l’Arsenale diviene praticamente e sempre più quasi un museo, uno splendido museo dove illustri ospiti stranieri rimangono colpiti nell’ammirare quello che peraltro riguardava ormai, pur nell’apparenza di una perdurante attività, le glorie del passato.

      Sotto il regime napoleonico qualcosa si fece ancora, l’Arsenale venne utilizzato per la marina del Regno Italico, dopo averlo però spogliato di tutto e reso praticamente inutilizzabile nel 1797 prima di cedere Venezia all’Austria dopo il trattato di Campoformido.

 

 

      Tuttavia, tra il 1806 ed il 1814, aperta - o meglio riaperta - la cosiddetta Porta Nuova e costruita la Torre con la stessa denominazione, incorporati nella fabbrica gli edifici che ospitavano gli aboliti conventi della Celestia e delle Vergini, una limitata ripresa di attività vi fu.

      Sopravvenne poi la seconda dominazione austriaca (1814-1866) ed inizialmente il governo asburgico mostrò per l’Arsenale un particolare interesse, che venne però meno quando gli austriaci si resero sempre più conto che l’abbandono da parte loro di Venezia era ormai solo questione di tempo; venne allora data la preferenza al porto di Pola che divenne la base principale della marina austro-ungarica nell’Adriatico ed infatti vi fu costruito un arsenale; con ciò la decadenza dell’istituzione veneziana ricevette il colpo di grazia.

      Dopo il 1866, tuttavia, unita Venezia al Regno d’Italia, si verifica una notevole, progressiva ripresa che dura, seppure con fasi alterne, più o meno sino alla fine della prima guerra mondiale; poi un nuovo, lungo periodo di inattività o quasi e l’utilizzo dello spazio per attività diverse, non sempre collegate all’attività marinara.

 

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