Festa del Redentore - Tra le feste rimaste in essere sin dai tempi della Serenissima e che non hanno mai avuto soluzione di continuità, salvo parziali sospensioni per eventi bellici, vi è quella del Redentore che si celebra nella terza domenica di luglio.

        Esiste un elemento di base comune tra questa festa e quella della Madonna della Salute, poiché entrambe sono legate al ringraziamento per la cessazione di due pestilenze: rispettivamente la peste del 1575-76 e quella del 1630-31  ed alla conseguente costruzione, per deliberazione del Senato, di due templi votivi, quello del S.mo Redentore alla Giudecca e quello di S.ta Maria della Salute nei pressi della Punta della Dogana, l’uno e l’altro quindi al di là del Canal Grande, il primo risalente al 1577, il secondo, inizialmente del tutto in legno, al 1631, poi, dal 1672, così come appare tuttora.

       Allo scopo di permettere ai fedeli di raggiungere il tempio votivo alla Giudecca si pensò di gettare un ponte provvisorio attraverso il Canal Grande per il quale venivano usati inizialmente navigli di vario tipo, in seguito peate , singolari imbarcazioni, veri e propri giganti della laguna. Era infatti, su alcune di queste grandi imbarcazioni, accostate l’una all’altra, che posava una volta il tavolato sul quale transitavano la processione e la gente che si recava alla chiesa del Redentore; dopo la seconda guerra mondiale, e per molti anni, alla costruzione del ponte provvidero i pontieri del genio militare, ma - insorte nel 2001 alcune difficoltà - oggi la costruzione è affidata ad Insula s.p.a. che opera per conto ed a spese del Comune.

        Dopo che le imbarcazioni d’ogni genere e tipo, addobbate con frasche e rami e illuminate da una gran quantità di palloncini di carta multicolore, si sono aggirate da ore per i canali della città, fra canti e suoni, mano a mano che si avvicina la sera  del sabato e con questa l’ora dei foghi, tutte si portano nel bacino di San Marco, nei pressi della punta della Dogana, dove giunge ad un certo momento la cosiddetta galleggiante, allestita a spese e a cura del Comune. E’ questa una sorta di grande zatterone, adornato anch’esso da un gran numero di lampioncini e sul quale, sotto un’ampia cupola di fiori e frasche, si alternano i suoni di una o più orchestrine e partecipano cantanti più o meno noti.

        Attorno alla galleggiante si portano molte imbarcazioni - gondole, sàndoli, topi ed altri tipi ancora - ed anche su queste sono imbandite tavole sulle quali  abbondano cibi tipici come la soppressa, l’anatra sia ripiena che arrosto, pesce in savòr ed altro, abbondantemente innaffiati da vino e birra .

        La sera intanto va divenendo notte, musiche e canti aumentano, l’ora dei foghi si avvicina sino a quando, intorno alle 22.30, giunge il gran momento e la gente tutta sembra impazzire d’entusiasmo.

        Poi il fantasmagorico spettacolo va lentamente esaurendosi, i foghi vanno via via diradando; qualche isolato scoppiettio ancora e bisognerà attendere sino all’anno successivo per assistere al ripetersi di essi.

        La notte del Redentore è però tutt’altro che finita, continua sino all’alba per coloro, e sono molti, che decidono di raggiungere con le loro imbarcazioni il Lido ed ivi attendere il sorgere del sole. E’ in quel momento che ancora oggi mille e mille voci intonano l’antico canto popolare, più inno che canto, così come ai tempi della Serenissima.

        La partecipazione dei veneziani alle funzioni è molto alta, la gente sente profondamente questa festa, ma all’aspetto religioso si è via via mescolato l’aspetto profano ed il sempre più marcato aspetto consumistico della festa, in conseguenza del turismo, soprattutto di quello mordi e fuggi, è molto spesso lo spirito che anima i partecipanti.

 

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