Le cause che sono a monte di quel certo tipo di alta marea che viene denominato acqua alta sono tanto gravi quanto antiche: essa ha provocato sin dai tempi più remoti inondazioni gravissime, tali da porre a repentaglio l’esistenza stessa della città ed è fin troppo noto come negli ultimi decenni il fenomeno sia divenuto più frequente e talora estremamente pericoloso come l’inondazione del 4 novembre 1966,  tanto che da allora i veneziani vengono avvertiti dell’insorgere dell’acqua alta, quando questa raggiunge un livello oltre il metro, dal lugubre ululato delle sirene. Il drammatico evento del 4 novembre 1966 dà inizio ad una fase di  pericolosità fortemente accentuata. E nessuno può prevedere se, in deprecabili eventualità future, le cose siano destinate a risolversi ancora in via naturale, come appunto accadde nel 1966; e la risoluzione di allora fu comunque naturale sì, ma talmente protratta in rapporto a tutte le precedenti da far temere il peggio.

         Tuttavia, considerare il fenomeno dell’acqua alta, pur in tutta la sua gravità, come problema a sé stante, è un pericoloso errore; essa, l’acqua alta, è determinata da precisi fattori ed a provocarla non è la laguna: questa non provoca ma subisce. Ed a sua volta Venezia ne subisce le conseguenze; conseguenze gravi, talora gravissime, che hanno minacciato di essere esiziali per l’esistenza stessa della città.

A monte di tutto vi è il mare - al quale a loro volta i fiumi hanno creato continui, progressivi problemi - ed è dal mare che il pericolo incombe, quando esso si riversa in laguna e dalla laguna in città.

Se è vero quel che si è appena posto in rilievo e cioè che non alla laguna ma al mare è da imputare il pericolo derivante dalle inondazioni, dalle acque alte , è anche vero che è proprio l’acqua del mare che, entrando ogni sei ore - a seconda del flusso e riflusso delle maree - in laguna attraverso le interruzioni dei litorali, la purifica, vi opera una sorta di lavaggio che potremmo, in termini moderni, indicare come ecologico, asportandone, nella fase appunto di riflusso, tutte le impurità e gli espurghi della città, si tratti di materia organica o di altro; rompendosi questo equilibrio di ‘andata e ritorno delle acque del mare, tutto il sistema è destinato a saltare .

A conferma dell’accentuata frequentizzazione delle acque alte è stato rilevato dagli studiosi che mentre nel passato l’evento si verificava mediamente all’incirca una decina di volte per secolo, nei tempi a noi più vicini la media è salita più o meno a circa trenta volte per decennio; gli esperti, quindi, temono che il fenomeno possa peggiorare anche in relazione all’effetto serra. Ciò trova conferma in una relazione stesa da un collegio di esperti di livello internazionale, nella quale si legge: “La laguna è un sistema altamente variabile e complesso, dinamico ed aperto, un mosaico di ecosistemi minori (velme, barene, canali, etc.) tali da rendere difficile  la definizione di uno stato di equilibrio. …Un aspetto importante è la relazione tra il livello della città e quello del mare. Una combinazione di vari fattori, come l’eustatismo (n.d.a.: cioè ‘ogni variazione del livello reciproco tra le masse oceaniche e le masse continentali, conseguente a variazioni del livello medio marino’ ), la subsidenza naturale (n.d.a.: cioè ‘movimento del fondo marino, che tende ad abbassarsi sotto il peso dei sedimenti che si accumulano sopra di esso’) e quella indotta dalle attività umane (estrazione dell’acqua dal sottosuolo) ha prodotto  un netto  abbassamento del livello della città rispetto al livello del mare (circa 23 cm. nell’ultimo secolo ). Ne consegue che la città viene inondata con maggiore frequenza ” .

 

         Sin dagli inizi del IX secolo, ai primordi quindi della propria esistenza, dopo che la Repubblica aveva trasferito la sede del governo ducale da Malamocco a Rialto, erano state istituite le prime magistrature con il compito di provvedere alla conservazione della laguna e alla difesa dei suoi lidi, nei quali si aprivano allora sette bocche di porto : Lio Mazor (o Pordelio), Treporti, Sant’Erasmo, San Nicolò di Lido, Malamocco, Pastene e Chioggia.

Le cure furono sin da quei tempi rivolte soprattutto in due direzioni :

- consolidamento e difesa del cordone litoraneo dagli assalti del mare;

- regolamentazione del corso inferiore dei fiumi Piave, Sile, Brenta, Bacchiglione ed altri minori, sfocianti in laguna, così come dell’Adige e del Po.

La salvaguardia di Venezia e della sua laguna si può riassumere in una sola parola: equilibrio.

 Ma oltre allo scopo di conservare l’equilibrio fra le acque interne della Laguna e le acque esterne del mare, e di mantenere libera la navigazione fra questo e quella, c’era un’altra ragione che aveva indotto la Repubblica, fino dai tempi più antichi, a rinforzare artificialmente i cordoni litorali laddove essi fossero troppo sottili e per conseguenza troppo fragili ed era il pericolo che essi venissero rotti e squarciati dalle furie del mare nelle terribili burrasche che a lunghi intervalli sconvolgono l’Adriatico. A fronteggiare il problema immane delle inondazioni, il fenomeno dell’acqua alta, il governo veneziano fece erigere i Murazzi .

         I Murazzi , la ciclopica opera voluta e realizzata, nel modo e nei tempi descritti, dalla Serenissima negli ultimi decenni della sua esistenza, destarono sempre ammirazione e meraviglia, in Italia ed all’estero; sembra che essi vogliano costituire non soltanto testimonianza, ma monito per il futuro perché ancora e di più, si faccia per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna; ma essi contano oramai oltre due secoli di esistenza e proprio l’inondazione del 4 novembre 1966 sta a dimostrare, con le brecce che la furia del mare è riuscita ad aprire in essi, che essi non sono destinati a durare in eterno.

 Dal 1966  dovranno trascorrere sei anni di dibattiti, di polemiche, di scarichi di responsabilità, di diatribe d’ogni sorta e ad ogni livello perché finalmente si giunga a quella legge del 16 aprile 1973 - la legge speciale n. 171 che “apre una pagina nuova … proprio perché coglie esattamente, anche se in termini elementari, il carattere ‘sistemico’ del problema di Venezia, e in questa visione ne definisce gli aspetti, gli ambiti di intervento, le competenze, i soggetti. Trascorreranno altri sei anni ed arriviamo al 1981  prima che un collegio di esperti  porti a termine un progetto di massima per la regolazione delle maree con restringimenti fissi alle bocche di porto ed opere mobili di sbarramento consistenti in paratoie “ a ventola” incernierate alla base (MOSE)

A questo punto, prima di proseguire nel discorso, è utile ricordare che si è fatta strada anche l’idea, intesa a ridurre gli effetti dell’acqua alta, di innalzare le parti basse della città a livelli superiori, ad esempio sino a 120 centimetri, come alternativa alle barriere mobili. Tale misura ridurrebbe la frequenza degli allagamenti con il presente livello del mare a circa uno all’anno. Ma a tale alternativa si obietta che la spesa per l’attuazione sarebbe costosa quanto quella delle barriere mobili e che richiederebbe vari decenni - valutati in non meno di 60 anni - prima di giungere a compimento; rappresenterebbe inoltre solo una soluzione parziale non idonea in caso di acque alte eccezionali. Tenuto infine presente che il livello del mare si è innalzato negli ultimi trecento anni di circa cinquanta centimetri, è presumibile che questo innalzamento del livello marino continui vanificando sempre di più le misure attuate.

Potrebbe invece essere utile - è stato suggerito - affiancare al progetto delle barriere mobili il cosiddetto ‘progetto insulae’ inteso a proteggere le parti più basse della città. Il suggerimento di abbinare i due criteri, procedendo su binari paralleli per barriere mobili e innalzamenti, avanzato nel 1984 e fatto proprio anche da un Collegio di esperti internazionali sarà recepito e sanzionato in un documento del Consiglio dei  ministri soltanto molto più tardi, addirittura 17 anni dopo, nel marzo del 2001.

Per quanto riguarda gli innalzamenti di alcune zone della città sono stati effettuati e si stanno effettuando lavori da parte di “ Insula”, braccio operativo del Comune, mentre per quanto riguarda il Mose si sono iniziati i lavori, la cui durata è prevista in un decennio, ma la campagna contro le dighe mobili è pienamente in atto, sempre più fondati sono i dubbi sulla reale efficienza che già ora l’entrata in funzione avrebbe concretamente nei confronti dell’insorgere delle maree quando queste superano un determinato livello. E’ facile immaginare che fra dieci e più anni - ammesso e non concesso che entro tale termine i lavori siano giunti a compimento - il sistema Mose sarebbe ampiamente superato; si rischia, oltre a tutto, di veder sperperate somme enormi se e quando i lavori dovessero essere interrotti, quando la famigerata legge del non fare non soltanto avrà una volta di più prevalso, ma avrà addirittura trionfato.

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